03.07.2023
La Corte d'appello del TPF conferma l'assoluzione di un ex CEO di una banca svizzera accusato nel 2020 di riciclaggio di denaro qualificato per un ammontare di EUR 194 milioni. Anche la banca in questione è assolta dall'accusa fondata sulla responsabilità dell’impresa (art. 102 CP). (CA.2022.12)



La Corte d'appello del Tribunale penale federale assolve l'ex CEO A. della banca svizzera B. dall’accusa di riciclaggio di denaro qualificato per circa 194 milioni di euro nel 2020 in assenza di prove sufficienti quanto alla sussistenza del reato preliminare (cessione delle azioni Y e di “Certain Rights” detenuti privatamente dall’uomo d’affari arabo X., membro rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione dell’istituto finanziario arabo C., allo stesso C. a un prezzo gonfiato nel senso di un’amministrazione infedele), in applicazione del principio in dubio pro reo. A causa dell’assenza di un reato di riciclaggio e quindi di un’infrazione ai sensi dell’art. 102 CP, è assolta in seconda istanza anche la banca svizzera B., accusata di aver consentito, rispettivamente di non aver impedito, per carente organizzazione interna gli atti di riciclaggio contestati.

La sentenza CA.2022.12 del 28 giugno 2023 concerne gli appelli del Ministero pubblico della Confederazione e di B., nonché l’appello incidentale di A., avverso la sentenza della Corte penale SK.2020.21 del 15 dicembre 2021.

Capi d’accusa

L’accusa contesta in sostanza ad A., cittadino svizzero di 66 anni, di avere trasferito, nella sua precedente funzione di CEO e "Global Head Private Banking" della banca svizzera B., tra il 2012 e il 2016, beni patrimoniali per 133 milioni di euro verso relazioni d'affari nazionali ed estere e di avere effettuato pagamenti per 61 milioni di euro all'uomo d'affari arabo X., imputato separatamente, per l'acquisto di veicoli di lusso e immobili all'estero. I beni patrimoniali summenzionati (61 milioni di euro e 133 milioni di euro) sarebbero stati ottenuti da quest’ultimo in modo illecito nell’ottica di un’amministrazione infedele (art. 158 cifra 1 par. 1 e 3 CP). Ciò sarebbe avvenuto poiché X., in qualità di direttore della società danneggiata C., avrebbe ceduto a quest’ultima le azioni Y detenute privatamente e "Certain Rights" a un prezzo molto gonfiato, al fine di compensare la propria perdita contabile privata sulle azioni Y. In questo modo, X. avrebbe violato il proprio obbligo di diligenza patrimoniale nei confronti di C. La società C. avrebbe quindi subito un danno pari a 148 milioni di euro, mentre X. avrebbe ottenuto un corrispondente vantaggio patrimoniale illecito. In seguito, X. avrebbe prelevato, rispettivamente trasferito su diversi conti bancari i beni patrimoniali in parola, allo scopo di occultarne l’origine criminale. L’imputato ed ex-CEO A. sarebbe stato al corrente dell’origine criminale dei beni patrimoniali, rendendosi quindi colpevole di riciclaggio di denaro qualificato ai sensi dell’art. 305bis cifra 1 e 2 CP, agendo come coautore insieme a X., processato separatamente.  L’accusa ha chiesto nei confronti dell’imputato A. la condanna alla pena detentiva di complessivi 21 mesi sospesi, oltre alla pena pecuniaria sospesa di 90 aliquote giornaliere a 1'000 franchi l’una (periodo di prova 2 anni) e la pronuncia di un risarcimento di poco più di 85'000 franchi.

In sintesi, alla banca B. veniva contestata una carente organizzazione interna penalmente rilevante ai sensi dell’art. 102 cpv. 1 e 2 CP. Questo poiché la banca non avrebbe garantito né un’adeguata separazione delle funzioni, né l’implementazione di direttive interne per la prevenzione del riciclaggio di denaro, né una compliance indipendente per la sorveglianza delle relazioni d’affari a rischio, e nemmeno avrebbe evitato i conflitti di interesse. Questo avrebbe reso possibile la commissione del reato (riciclaggio qualificato di denaro), ciò che comporterebbe una punibilità corrispondente in qualità di impresa responsabile. L’accusa ha chiesto nei confronti della banca B. la condanna alla multa di 2 milioni di franchi e la pronuncia di un risarcimento di 7 milioni di franchi.

Sentenza di primo grado

Con sentenza SK.2020.21 del 15 dicembre 2021 la Corte penale del Tribunale penale federale ha confermato l’esistenza di un reato preliminare al riciclaggio di denaro contestualmente all’amministrazione infedele qualificata commessa da X. La Corte penale ha ritenuto adempiuti anche i restanti elementi oggettivi del reato di riciclaggio di denaro da parte di A. e X. in quanto coautori (transazioni come atti di occultamento rilevanti ai fini del riciclaggio di denaro). La suddetta Corte ha tuttavia negato l’intenzionalità (anche nell’ottica del dolo eventuale) dell’imputato A. in merito al reato preliminare, rispettivamente all’origine criminale dei beni patrimoniali in parola e lo ha quindi assolto dall’accusa di riciclaggio di denaro qualificato.

Per quanto riguarda la banca B., la Corte penale ha confermato la presenza di una carente organizzazione interna penalmente rilevante (art. 102 cpv. 1 e 2 CP) ai sensi dell’accusa. La Banca B. non aveva messo in atto le misure di prevenzione del riciclaggio di denaro previste dalla legge (RLD e disposizioni di attuazione) e in particolare non aveva garantito né una separazione delle funzioni (A. operava al contempo come CEO della banca, come responsabile del settore “Clients” e del sottogruppo “Private Banking International”, nonché come consulente personale di X.), né una compliance indipendente per la sorveglianza delle relazioni d’affari a rischio, e nemmeno si era preoccupata della prevenzione dei conflitti di interesse, ciò che ha reso possibile la commissione del reato (riciclaggio di denaro qualificato) da parte di X. La Corte penale ha quindi ritenuto la banca B. colpevole ai sensi dell’art. 102 al. 1 e 2 CP in relazione con l’art. 305bis cifra 1 e 2 CP, l’ha condannata alla multa di 3.5 milioni di franchi e ha stabilito un risarcimento in favore dello Stato di 7.2 milioni di franchi.

Sentenza di appello

Con sentenza CA.2022.12 del 28 giugno 2023 la Corte d’appello del Tribunale penale federale proscioglie sia A. sia la banca imputata B. da tutte le accuse. In accordo con l’autorità precedente, la Corte d’appello ritiene che i trasferimenti incriminati per un totale di 133 milioni di euro a persone fisiche e giuridiche tramite un fondo operante grazie all’intermediazione di società offshore, così come i 78 addebiti sul conto numerato di X. per un importo di 61 milioni di euro, siano di principio atti di occultamento rilevanti ai fini del riciclaggio di denaro. Per quanto riguarda il reato preliminare (amministrazione infedele), sono considerati accertati tutti i flussi di denaro documentati dall’accusa. La Corte d’appello nutre tuttavia dubbi insormontabili sull’illiceità della summenzionata transazione relativa alle azioni Y e ai “Certain Rights” (inganno dei responsabili di C.). Da un lato, la Corte d’appello non considera dimostrata l’asserita mancanza di valore dei “Certain Rights” nel contesto della transazione delle azioni Y, alla luce di elementi che vanno in senso inverso. Dall’altro lato, non è possibile stabilire – tra l’altro a motivo di indicazioni contrarie – in modo giuridicamente sufficiente che i responsabili di C. non sapessero che X. era il venditore delle azioni e di “Certain Rights”, rispettivamente che essi siano stati ingannati da X. a tal proposito. Infine, non è possibile stabilire in modo giuridicamente sufficiente che C. avrebbe subito un danno. Viene così a cadere il reato preliminare quale elemento oggettivo imprescindibile posto dall’art. 305bis CP, ciò che comporta l’assoluzione dell’imputato A. La Corte d’appello concorda inoltre con l’autorità precedente in merito al fatto che – anche qualora il reato preliminare andasse ammesso – nel caso dell’imputato A. fa difetto pure l’intenzione relativa al reato preliminare (illegalità della transazione delle azioni Y e di “Certain Rights”).

Per quanto riguarda la banca B., la Corte d’appello, in accordo con la Corte di primo grado e con la FINMA, conferma l’esistenza di una carente organizzazione interna penalmente rilevante di una certa portata come richiesto dall’accusa. Dal momento che manca tuttavia un reato preliminare ai sensi dell’art. 305bis CP e quindi anche un’infrazione ai sensi dell’art. 102 cpv. 1 e 2 CP, decade la corrispondente responsabilità penale. Infine, a mente della Corte d’appello, non è stato dimostrato in modo giuridicamente sufficiente che X. (a differenza di A.) abbia agito “nell’esercizio di attività commerciali conformi allo scopo imprenditoriale” ai sensi dell'art. 102 cpv. 1 CP contestualmente alla transazione delle azioni Y. Ne risulta quindi un’assoluzione anche per la banca B.

La sentenza della Corte d’appello non ancora cresciuta in giudicato può essere impugnata dalle parti mediante ricorso in materia penale al Tribunale federale dopo la notificazione del testo integrale della decisione. 


Allegati: Dispositivo CA.2022.12 del 30.06.2023


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